Una delle ragioni - ma non l'unica - è che esiste una relazione stretta tra la postura, la colonna vertebrale, l'uso del diaframma e la produzione fonica, la voce.
Cito una logopedista, Paola Magaldi, per la spiegazione più dettagliata: «Se la porzione posteriore della laringe occupa il tratto compreso tra la 4ª e la 6ª vertebra cervicale e si sposta passivamente con i movimenti della colonna cervicale, è semplice comprendere la correlazione tra alterazione del tratto cervicale e produzione vocale. Parliamo di disfonie muscolo-scheletriche, se è presente alterazione della voce. Un'alterazione del tratto cervicale influirà sempre negativamente sulla produzione vocale, così come é vero il contrario, una produzione vocale alterata (per abuso o uso improprio) produrrà delle ripercussioni sul tratto cervicale e in entrambi i casi il diaframma sarà coinvolto per mezzo della connessione che si ha attraverso il sistema sospensore».
Il blocco diaframmatico ha molteplici cause: 1) tensione emotiva; 2) disturbi gastrici; 3) fisiologica progressiva perdita di elasticità delle fibre muscolari che tendono ad accorciarsi; 4) impropria gestione respiratoria nel canto o nella voce professionale o nella voce della conversazione quotidiana.
Abbiamo parlato di accorciamento delle fibre muscolari. L'effetto immediato è che diaframma resterà in un costante atteggiamento di inspirazione o "blocco inspiratorio"
Puoi renderti conto che il diaframma è in un costante stato tensivo se avverti: l'aumento dei sintomi legati al reflusso gastro-esofageo, difficoltà respiratorie, riduzione del flusso e della quantità dell'aria espirata (frasi parlate più corte, frasi cantate più corte, riduzione del volume e quindi delle dinamiche di intensità nel canto, inadeguata pressione sottoglottica).
Come intervenire?
se siamo in presente di una patologia, che va oltre il fastidio, si interpella il medico specialista, che somministrerà le cure farmacologiche e/o interverrà in altro modo opportuno. In altro caso ci si reca da un logopedista che interviene direttamente con una terapia dall'esterno. La persona che soffre si definisce paziente. La sua partecipazione è passiva.
Nel caso di "Libera la voce" come quando si affronta in altre discipline affini, olistiche, quali il breathwork, l'innerberathing o il rebirthing, e persino il counselling, ci si rivolge ad un terapeuta olistico che ci guida a guarirci noi stessi, senza medicine, ma solo con esercizio e con il confronto terapeuta-cliente/allievo. La persona che manifesta disagio è parte attiva della terapia. Diviene consapevole di se stesso.
Non si ottengono risultati subito, ma si ottengono risultati veri, duraturi, si diventa più forti. Dopo si ruggisce!!!
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