martedì 22 maggio 2018

consapevolezza, padronanza, espressività: 3 colonne

 (foto by Valentina Sanna)
Riprendere i sensi attraverso  tre conquiste continue e Lowen le chiama le tre colonne del Sé corporeo: consapevolezza, padronanza ed espressività. Immaginiamo questi tre aspetti come separati ma reciprocamente interconnessi e alla ricerca di un continuo equilibrio tra di loro. Essere consapevoli in sé e per sé non è sufficiente se non è accompagnato da padronanza (ossia capacità di contenimento emotivo) e capacità di espressione. In realtà molto spesso noi viviamo uno squilibrio in uno di questi tre aspetti che influenza le nostre possibilità di funzionamento; magari siamo molto consapevoli e padroni di noi ma poco capaci di trovare delle forme espressive per ciò che sentiamo e pensiamo. Oppure siamo molto espressivi e consapevoli ma abbiamo poca padronanza e quindi quello che diciamo finisce per ritorcersi come un boomergang contro di noi. Sono un'esperta in merito, particolarmente riguardo al condividere datti e sensazioni che mi toccano nel profondo.

Perché l’espressività è centrale?
Il fatto che parliamo di Sé corporeo ci può far – erroneamente – credere che stiamo parlando del singolo corpo, così come si esprime nello spazio e nel tempo. In realtà la capacità espressiva è così centrale perchè è l’anello che ci mette in relazione con il mondo: è l’aspetto comunicativo della nostra personalità. Inoltre tutte le tensioni si organizzano in risposta ad uno stimolo ambientale: l'aspetto espressivo è anche quello che – facendo da interfaccia con l’ambiente – fa da interruttore nell’organizzazione delle difese.
Guardando il nostro corpo possiamo comprendere non solo come ci sentiamo e qual è la nostra storia ma anche qual è la storia delle nostre relazioni. Quanto ci siamo protesi verso gli altri; quante risposte positive abbiamo incontrato; quante frustrazioni abbiamo sperimentato. 
Lowen indica elementi salienti oltre alla base costituita dal grounding e dal respiro. Questi punti potrebbero essere definiti – poeticamente – “lasciar scendere”, “allungarsi”, “essere in contatto”,”protendersi”.

Lasciar scendere
Tutto il grounding è un processo in cui lasciamo scendere ma questo processo – corporeo – significa anche – emotivamente – aprire uno spazio di accoglienza e accettazione verso l’esperienza e la sua novità. Lasciar scendere significa permettere una comprensione profonda e non reattiva dell’esperienza.
Lasciar uscire l’aria significa lasciarsi andare. Il ventre viene contratto e tenuto in dentro per reprimere sentimenti di tristezza, per controllare le lacrime. Se lo lasciamo andare siamo soggetti ad avere un vero pianto di pancia ma apriamo anche la porta alla possibilità di una vera risata di pancia. 


Tutto il lavoro corporeo parte da questo principio: non si tratta di voler fare una posizione ma di lasciar essere una posizione naturale del corpo.
Non si tratta di voler respirare ma di lasciar svolgere spontaneamente la respirazione. Ogni turbamento della respirazione naturale è dovuto a qualche atteggiamento inconscio del trattenere o a tensioni muscolari.


Allungarsi ed essere in contatto
Questi due movimenti sono complementari tra di loro. Ritirarsi comporta una perdita di contatto: allungarsi apre alla possibilità che questo contatto si ristabilisca e si metta in relazione con il protendersi. Potremmo chiederci in contatto con che cosa? In contatto con tutto ciò che si trova nel raggio di portata delle percezioni sensoriali. Ogni percezione sensoriale ha inizio con una percezione del proprio corpo; è per mezzo di questo che si percepisce ciò che avviene nel mondo esterno poiché l’ambiente investe i corpi e i sensi. Più si è vitali e più chiare sono le nostre percezioni. È una considerazione semplice quella che, quando stiamo bene, la nostra percezione e presenza alle cose è più vivida. Per aumentare la capacità percettiva bisogna accrescere la vitalità ma potremmo anche affermare l’opposto: se la nostra percezione sensoriale è limitata e ristretta, diminuisce anche la vitalità.
Essere in contatto significa essere consapevoli di ciò che accade dentro di voi e intorno a voi. È qualcosa di completamente differente dall’attività intellettuale anche se può esserne la base.
Essere in contatto però non è un movimento che riguarda solo la parte anteriore del corpo. Senza avere la percezione della parte posteriore del corpo è molto difficile impostare correttamente la propria posizione. Non basta avere una colonna vertebrale: bisogna anche sentirla. Sentire se è troppo rigida o troppo morbida e pieghevole. E sentire come questo influenza la nostra possibilità di contatto.
Se la schiena è troppo rigida non riusciamo ad abbandonare la pretesa e cedere in situazioni nelle quali questo tipo di risposta all’ambiente sarebbe quella giusta. Se è troppo morbida, non offrirà abbastanza tenuta per mantenere la propria posizione in condizioni di stress.


Protendersi
Il movimento di base di ogni essere vivente è retto da una pulsazione tra il ritiro e la protensione. È facile osservare questo aspetto nei neonati che passano da una posizione raccolta – quella sperimentata nell’utero – ad un progressivo allungamento e protensione. Protendersi verso la mamma o il papà, protendersi verso un caregiver è un aspetto fondamentale della nostra capacità di entrare in relazione con il mondo esterno. Le difese tendono a farci rimanere troppo a lungo in una posizione di ritiro rinforzando così il nostro senso di isolamento ed esclusione e il nostro narcisismo. La qualità della percezione narcisistica è limitata proprio perchè è definita dallo spazio della nostra dimensione personale. Sentiamo noi stessi ma non sentiamo gli altri e il mondo quando non siamo capaci di protendersi. Il neonato che piange non sa valutare come potrebbe rispondere la mamma e il papà ma un bambino può comprendere se è il momento di aspettare. Protendersi quindi raccoglie i movimenti precedenti in un unico gesto: quello dell’entrare in contatto e in relazione con il mondo esterno.
La maggior parte di noi si protende con le braccia e con le mani ma non con le spalle. Sentite il torace ammorbidirsi mentre vi protendete e vi rendete conto che il movimento di protendersi sembra provenire dal cuore? 


Stare nel mondo
Riprendere i sensi significa riprendere la capacità di sentirsi e di sentire. Ristabilire quell’amoroso dialogo con la vita che accresce la nostra possibilità di avere una vita piena e pienamente vissuta.
Accade che si perda il contatto con la parte del corpo in cui esiste una tensione muscolare cronica. Il corpo rigido diminuisce la sensibilità della persona che diventa sempre più simile ad una macchina. Al tempo stesso l’attività cerebrale aumenta e il senso di sé comincia ad essere basato sui soli processi mentali: il corpo diventa poco più di un apparato per il trasporto della testa e la messa in atto dei suoi pensieri. Nelle persone di questo tipo non c’è molta vita e neppure molta spiritualità. Alexander Lowen.
Angelica

Nessun commento:

Posta un commento