lunedì 21 marzo 2016

Respiro o risonanza? Tra i due litiganti il terzo gode

  • Traendo abbondante spunto dal prof. Massimo Sardi, ecco una spiegazione più tecnica sull'uso delle corde vocali. Innanzitutto alla domanda: che cosa conta di più, il respiro o la risonanza? 
  • Come terapeuta olistica tutto il corpo concorre sia all'uno sia all'altra. Ma bisogna dare priorità funzionale, almeno per ciò che riguarda l’organizzazione mentale dell’emissione, dell’apparato produttore del suono, senza il quale è impossibile definire e coordinare correttamente le funzioni degli altri due. 
  • Dove si genera e forma il suono? Nella laringe e nella faringe. 
  • Per avere del “buon” canto è indispensabile possedere conoscenza funzionale del proprio strumento. Occorre inoltre ribaltare i termini su cui si è fondata la coscienza della voce: l’azione vocale deve instaurarsi non tanto sulla ricerca di sensazioni, quanto sull’agire che le provoca. Ogni tecnica si fa carico dell’organizzazione delle cause non degli effetti e il canto non fa eccezione. Come suggerisce il prof. Sardi vorrei «far uscire la “gola” dal ghetto».
  • Le corde vocali sono come 2 valvole.
  • Se la valvola è efficace non c’è perdita di aria, e senza passaggio di aria non c’è produzione del suono. Troppo spesso ci si dimentica che per una corretta fonazione (includendo in questa anche il parlare) non è solo necessaria una buona “adduzione” (chiusura) delle corde vocali, ma anche una loro corretta “abduzione”, cioè riapertura, per poter coordinare il ciclo con perfetta regolarità: in breve quello che si chiama un buon “equilibrio pneumo-fonatorio”. 
E questo è l'aspetto delle corde vocali, comprese le due finte superiori (se sorridiamo molto utili).
- Le corde vocali sono regolate da due diversi meccanismi muscolari:

1) ne modifica la massa

2) ne modifica la tensione longitudinale

- La loro adduzione, o meglio, «il loro accollamento nei cicli vibratori, non è tanto prodotto da una forza muscolare intrinseca, come riteneva la teoria mio-elasica classica, quanto il risultato di forze aereodinamiche prodotte dal passaggio stesso del fiato e che obbediscono ad una legge di meccanica dei fluidi che va sotto il nome di teorema di Bernoulli» (Sardi).

- La timbrica del suono vocale, e cioè tutto il bagaglio di armonici che generalmente accompagna e rende bella ed udibile la voce cantata, si forma nel tratto vocale, inclusa la laringe.

1) Il primo meccanismo produce il registro di petto o registro grave. È la voce generalmente usata oggi nella musica leggera ed alla base della belting voice del musical americano. Nella lirica connota la voce maschile, ma è alla base anche dell’emissione femminile, che proprio grazie al suo apporto acquista rotondità e ricchezza di colori: è responsabile della potenza della voce e in genere della dinamica del forte. Dal punto di vista fisiologico è il risultato dell’azione di un solo muscolo: il “muscolo vocale”, o, per essere precisi, «della piega interna del tiroaritenoideo», in pratica le corde vocali stesse.

2) Il secondo meccanismo produce i suoni comunemente chiamati di testa o di falsetto. Sono suoni esili e leggeri che non hanno una grande portata, se non nel registro acuto quando la tensione cordale ne aumenta l’efficacia. Nella lirica connota l’emissione femminile, ma entra a far parte anche di quella maschile soprattutto nella mezzavoce e nella capacità di salire alle note acute: è responsabile della dinamica del piano e dell’innalzamento del tono. «Dal punto di vista fisiologico vi concorrono tutti i muscoli che tendono ad allungare le corde vocali, principalmente i cricotiroidei e i cricoaritenoidei, soprattutto quelli posteriori».

I due gruppi di muscoli sono antagonisti: il primo, aumentando la massa delle corde, tenderà di conseguenza ad accorciarle; mentre il secondo, agendo longitudinalmente, tenderà ad allungarle, ma anche a far loro perdere massa assottigliandole.

Il principiante tenderà in genere ad usare il meccanismo che gli è più familiare: gli uomini il registro grave, le donne il falsetto.

La prima difficoltà che si incontra nel procedere in questa direzione è di carattere culturale: la radicata diffidenza che i cantanti hanno verso qualsiasi sensazione laringea. La scienza, per obbiettive difficoltà di indagine, ha faticato a comprendere sia i meccanismi laringei che la natura dei tessuti coinvolti nella vibrazione.
Chi canta correttamente non sente costrizioni né sforzi a livello di gola. Ma questo è solo il risultato di una serie di azioni muscolari coordinate ed è l’equilibrio fra queste ultime all’origine della sensazione in oggetto.

La seconda difficoltà è invece di natura tecnico-procedurale ed è rappresentata dalla difficoltà di indirizzare azioni consapevoli su un apparato muscolare così ridotto e nascosto, da essere collocato generalmente fra i comportamenti al di sotto del livello di coscienza. Ma l’attività laringea è inconsapevole solo perché abbiamo imparato ad automatizzarla fino dall’infanzia e le azioni che la caratterizzano, detto in termini più precisi, sono passate dalla corteccia agli strati più profondi del cervello.

La laringe dell’uomo non era fatta per cantare. Questo organo, anche dal punto di vista morfologico, rimane fondamentalmente una valvola e in origine aveva proprio questa funzione: impedire che oggetti estranei penetrassero in un organo vitale e delicato come i polmoni. In seguito, con la posizione eretta degli ominidi, si diede, con la sua chiusura, stabilità al torace e, con l’ancoraggio solido delle braccia, permettere il sollevamento di pesi da terra. Anzi possiamo azzardare l’ipotesi (e qualcuno lo ha fatto) che il primo suono vocale possa essere stato emesso proprio per un improvviso cedere della valvola sotto uno sforzo del genere.

Quindi si canta quando non funziona questa valvola. Anzi si canta "bene" quando si dà continuità e omogeneità a questo difetto funzionale.
angelica1212.oneminutesite.it

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